lunedì 9 aprile 2012

La Comunità del sorriso


   Percorro la strada che conduce all'Ospedale di Cuasso al Monte: è tutta in salita. Numerose le curve. Sembra di non arrivare mai. Poi ecco la portineria dell'ospedale. La sbarra si alza e lascia passare l'auto. Un breve rettilineo, poi una curva secca a destra e proseguo lungo una strada stretta, in mezzo al bosco. La giornata è grigia, umida, vagamente fredda.
 Il vialetto che porta all'edificio è affiancato da un ammasso di foglie secche, accartocciate ai bordi.
 Entra nel piccolo parcheggio e posteggio l'auto. 
 Scendo e mi dirigo verso l'ingresso. Busso alla porta. Mi viene ad aprire Raffaella, un'educatrice dall'aria dolce. Ha un viso sorridente, incorniciato da capelli scuri, di media lunghezza, e sul naso un paio di occhiali da vista. Mi stringe la mano e mi invita a seguirla. Mi si fanno incontro Laura, un'altra educatrice, e  Silvia, ospite della struttura da circa dieci anni, una simpatica donna alla quale non saprei dare un'età. E' piccola di statura, ha capelli corti e grigi, il viso un poco appassito, che si apre in un sorriso solare. Mi prende la mano e me la bacia, poi mi bacia la guancia. Silvia...    
 Ed ecco dalla cucina giungere la voce squillante ed eccitata di Rosella, un'altra ospite. Rosella, detta Rosy, mi viene incontro festante e mi chiede se voglio bere il caffè insieme a lei. Ha interrotto il suo lavoro (stava lavando i piatti) per venire a salutarmi. "Lo prendo dopo, quando hai finito di sistemare la cucina". Rosella torna al suo lavoro. Intanto Laura, la coordinatrice capoeducatrice, mi fa accomodare nella sala da pranzo. Mi offrono qualcosa da mangiare (sono appena uscita da scuola e sono quasi le due): accetto di buon grado. Arriva un'altra educatrice, Manuela. Anche lei saluta, sorridendo. Si respira un'atmosfera serena, qui dentro. Dopo pranzo, Laura mi invita a visitare la struttura. E' una vecchia villa a tre piani, con stanze grandissime e spaziose, arredata in modo semplice e funzionale. Nel salone principale si avverte il calore della stufa, attraverso il cui vetro si vedono le lingue di fuoco avvolgersi le une alle altre, dando un senso di calore e intimità. A differenza degli altri locali umidi, c'è un tepore accogliente e un'atmosfera che sa di casa, di accoglienza, di famiglia. Due ospiti siedono al grande tavolo: credo stiano facendo un gioco di società. Li saluto, senza distoglierli da ciò che cattura la loro attenzione.   
 Mi colpiscono i pavimenti a piastrelloni di marmo rosa-aranciato pallido e caffèlatte.
 Procediamo la visita, percorrendo il corridoio del piano terra dove, su un tavolo, sono posizionati con cura i lavori di decupage fatti dagli ospiti con l'aiuto dei loro educatori: saponette, piattini, candele, bigliettini natalizi, pupazzetti, tutti secondo il tema del Natale che si avvicina. L'avvento è cominciato da poco e tra meno di un mese festeggeranno la natività. Vengo attratta da una serie di babbi natale, appesi ad un filo. Li prendo: serviranno da addobbi per la mia scuola. Rosella è felice di questo. Silvia ride: una risata sonora e piena di allegria. Silvia... Silvia dagli occhi ridenti e malinconici insieme. "Che c'è, Silvia?" Le chiedo, ad un tratto, vedendoli rabbuiarsi. "Sono malinconica" Risponde. "Perchè?" "Penso a mio cognato". Laura mi spiega che il cognato di Silvia è l'uomo più buono del mondo e che lei gli è molto affezionata. Le faccio una carezza: ispira tenerezza, come fosse una bimba. Silvia sorride, poi, d'istinto, si volta verso la sua educatrice e le si avvicina, baciandola sulla guancia e dicendole: "Laura, ti voglio bene!". "Te ne voglio anch'io, Silvia" E le sorride. Laura ha un viso rassicurante e un  sorriso dolcissimo. Questo posto poteva chiamarsi solo così: LA COMUNITA' DEL SORRISO.
 Proseguiamo la nostra visita al piano superiore, dove si trovano le stanze da letto degli ospiti,  che sono nove in tutto: sei donne e tre uomini. La stanza di Silvia mi colpisce più di tutte: alle pareti sono appesi poster di Leonardo Di Caprio e del film Titanic: dev'essere una sua fan. Tre i servizi sul piano. Il tutto tenuto con un ordine e una pulizia che lasciano di stucco.
 Ultimo piano: le stanze degli uffici. Un mansardato accogliente con travi a vista e soffitto a discesa.
 Torniamo al piano inferiore, nella sala da pranzo e ci sediamo tutti al tavolo a bere il caffè, preparato da Rosy, che ci mostra anche alcune sue foto, risalenti a un anno fa. "Qui ero grassa" dice "adesso sono dimagrita e sono più bella!". Cerca  marito, Rosy. Racconta di avere conosciuto un uomo affascinante, ma, che fregatura!, era già sposato. Rosy parla a raffica e la capoeducatrice mi spiega che fa sempre così, quando ci sono visite. Dev'essere un momento di festa per loro, vedere dei volti nuovi...     
 Domando se i familiari vengano mai a trovarli. Laura risponde che sono loro ad andare a casa, di quando in quando, ma molti non hanno più i genitori. Rosella interviene, dicendo che lei si ritiene fortunata, perchè a Natale potrà tornare in famiglia, mentre c'è chi non ha nessuno.
 "Dormite qui anche voi educatori?" Domando. "Solo i volontari" Risponde Laura. Intanto Silvia si scola un bicchiere di succo di frutta tutto d'un fiato e adesso fa il filo al succo nel mio. "Buono" dice "buono"... Rido. "Ne vuoi ancora?" . "Buono" ripete "buono" come a dire di sì.
 Ecco che arriva un ospite maschile. Entra nella sala e si siede al tavolo. Dice di avere male ad una gamba e si siede con fare stanco, poi abbandona la testa sulle braccia conserte, appoggiandosi al ripiano del tavolo. 
 "Oggi c'è da andare a fare la spesa!" Annuncia Laura. L'uomo non pare averne molta voglia. La spesa, mi spiega la capoeducatrice, solitamente è un momento gioioso per loro. Un po' come per me andare all'Esselunga, penso! Rappresenta un momento di distrazione e di svago dall'attività quotidiana... Laura spiega che gli ospiti hanno momenti fissi della giornata e della settimana, con le ore scandite da attività precise, come fare lavoretti manuali, recarsi in palestra a fare ginnastica, uscire e andare in paese, persino al bar a fare merenda. Molto importante è il momento dell'uscita, perché è fondamentale che non si sentano isolati dal resto del mondo e che avvertano il contatto con la realtà circostante e persino con le persone al di fuori di questa realtà che loro vivono quotidianamente.    
 Al termine della visita, mi rendo disponibile per un incontro tra la comunità e la scuola: potremmo portare i ragazzi a far visita alla struttura e ai suoi ospiti, per far conoscere loro l'esistenza di una realtà che forse ignorano, o potrebbero venire loro a far visita a noi.
 Chissà che non si riesca a realizzare un progetto di lavoro in comune e regalare un sorriso di più a queste persone, così diverse eppure così simili a noi? ...
 E' arrivato il momento del commiato. Baci e abbracci e un arrivederci a presto.     
 Uscendo, regalo un sorriso, mentre mi porto via il loro...

Lau

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