lunedì 9 aprile 2012

LETTERA AI GENITORI




 Da una lettera ci si aspetta solitamente un inizio del tipo Carissimi Genitori
Beh, sì, potrei anche cominciarla così, ma, siccome questa vuole essere più che altro una riflessione, la inizierò in un altro modo…
 Guardo in viso i vostri figli quasi ogni mattina e vedo cose diverse, rispetto a quelle che vedete voi. I vostri ragazzi a scuola non sono gli stessi che conoscete a casa, così come i miei ragazzi non sono gli stessi che conoscete voi. E’ un po’ come dire che l’ambiente “plasma” le persone; che i comportamenti “cambiano”, in relazione alla situazione che ci troviamo a vivere; che le persone “modificano” il proprio atteggiamento, a seconda delle persone che si trovano davanti.
Proprio così.
Ricordo una volta, da ragazza, quando dissi ad un mio amico che io mi sentivo diversa nel relazionarmi con una persona piuttosto che con un’altra. Mi accusò di essere falsa. Ci rimasi molto male. Avevo 17 anni ed ero abbastanza grande da rendermi conto che con lui mi sentivo di essere in un modo e con altri in un altro, ma ero sempre la stessa, sempre me stessa, autentica in ogni situazione e non falsa, come mi aveva accusata di essere.
 I vostri figli, a scuola, si comportano quasi sempre da alunni. Certo, direte voi, sono a scuola, da che cosa dovrebbero comportarsi!
E’ un po’ come la storia dei “ruoli”, dei “personaggi”, delle “maschere” pirandelliane: tutti noi RECITIAMO UN RUOLO NELLA VITA. E a scuola io recito il ruolo dell’insegnante e loro quello degli alunni. Berne direbbe A che gioco giochiamo? *
A casa il ruolo recitato è quello dei figli, che quasi nessun ragazzo vorrebbe rivestire a scuola (qualcuno, a volte, lo fa o, almeno, ci prova).
Quello che io vedo dei vostri figli sono i timori e le ansie da prestazione, sono il desiderio e il timore di partecipare, sono la voglia di  primeggiare e la paura di esporsi ecc., ma quello che li accomuna tutti è il BISOGNO DI ESSERE CONSIDERATI. Ecco,  il BISOGNO DI ESSERE PRESI IN COSIDERAZIONE  e anche di essere APPREZZATI e STIMATI dagli insegnanti, che è un po’ l’equivalente dell’ESSERE AMATI DAI GENITORI.
Ed è proprio questo bisogno che, spesso, li porta a volersi mettere in mostra, sfruttando stratagemmi vari. A volte lo fanno anche in maniera sciocca e agli occhi dei compagni passano per “stupidi”. In parole povere, diventano un po’ i buffoni della classe: di tutto, pur di essere al centro dell’attenzione.
Generalmente, se un ragazzo è tranquillo a casa, lo è anche a scuola. Non è sempre vero il contrario, invece: uno può essere una peste tra le mura domestiche e un agnellino in classe, vuoi per timidezza, vuoi per paura di esporsi, vuoi perché ha comunque ricevuto un’educazione che lo porta al rigido rispetto delle regole.
I ragazzi, oggi più che mai, chiedono di ESSERE ASCOLTATI. Per questo tendono a parlare molto, a volte anche troppo, interrompendo continuamente le lezioni. E’ una loro necessità, quasi un bisogno primario, come quello del cibo. Perché? ci si potrebbe domandare?
Avete notato la differenza tra i ragazzi d’oggi e noi ragazzi di ieri, a scuola? Chi osava, un tempo, esprimere la propria opinione, se non interpellati, raccontare di sé, chiedere di leggere e via discorrendo?
Forse i nostri genitori avevano più tempo a disposizione per noi, di quanto ne abbiamo noi per i nostri figli oggi.
Ma voi, genitori, immaginate come si comportino i vostri figli in classe?
Sono quasi tutti dei vulcani in eruzione! “Vomitano” fiumi di parole, sono smaniosi di raccontare, di raccontarsi, di parlare di qualunque cosa, persino di quello che hanno fatto il giorno prima con il vicino di casa!
Nei loro temi, scrivono che mamma e papà non hanno quasi mai tempo di ascoltarli, che lavorano tanto, che sono sempre di corsa.
Non è un atto d’accusa: anche io sono così con i miei figli. Il fatto è che noi adulti siamo completamente travolti dagli impegni del quotidiano, che fatichiamo a ritagliare degli spazi nei quali includere un momento importantissimo della vita familiare: l’ascolto dei nostri figli.
 Fatta questa premessa, cerco di venire al dunque.
La questione che vorrei affrontare è quella dei voti, nella fattispecie quella delle valutazioni negative.
Sempre più spesso, i ragazzi mi riferiscono di castighi conseguenti ai brutti voti.
E pongo subito una domanda: ma noi genitori ascoltiamo le ragioni dei nostri figli, davanti ad un “insuccesso” scolastico?
Spesso, quando ci vediamo arrivare a casa valutazioni come un quattro, noi “grandi” ci sentiamo come se fossimo stati noi stessi ad avere preso quel voto, non solo, ci sentiamo come se noi e i nostri figli fossimo stati giudicati da quattro nella nostra/loro persona, non nella loro prestazione e si apre una ferita. A volte, quella ferita diviene un solco che arriva a dividere genitori e figli e ad interrompere qualsiasi tipi di dialogo sul tema scuola.
Non chiediamo chiarimenti ai nostri figli, non chiediamo Come mai? Cos’è successo? La domande erano troppo difficili? O forse hai avuto poco tempo? O non eri in forma? NO! Partiamo spesso (troppo spesso) dal presupposto NON HAI STUDIATO ABBASTANZA oppure NON HAI STUDIATO  e basta. E scatta il castigo, scatta la punizione: basta play station, basta computer, via il cellulare, niente giochi, stop alle uscite con gli amici, finché… non avrai recuperato!
Ci sono genitori che si accontentano del sei, dicono (ma non è quasi mai vero, perché, diciamolo, un otto è sempre motivo di orgoglio), altri che pretendono almeno l’otto, altri ancora per i quali il loro figlio deve essere da dieci.
Ma, ci siamo mai chiesti, i nostri figli cosa valgono? quanto valgono per se stessi? Il loro valore è quello dei compiti che svolgono, quello delle interrogazioni che fanno? Qual è la percezione che hanno di se stessi? Perché, invece di “aggredirli” per un  brutto voto, non proviamo ad ascoltarli e ad incoraggiarli? Perché non proviamo a dir loro NON IMPORTA, FARAI MEGLIO LA PROSSIMA VOLTA. SE HAI FATTO DEL TUO MEGLIO, SE IL TUO IMPEGNO E’ STATO ADEGUATO, SE COMUNQUE HAI FATTO IL TUO DOVERE, NON TI DEVI PREOCCUPARE. FORSE C’E’ STATA UN’INCOMPRENSIONE TRA QUELLO CHE TI E’ STATO CHIESTO DALL’INSEGNANTE E QUELLO CHE TU HAI PERCEPITO DI DOVER FARE. FORSE E’ UNA QUESTIONE DI METODO DI STUDIO. TROVERAI LA TUA STRADA, STARDA FACENDO. NON ANGOSCIARTI: NOI SIAMO CON TE, PRONTI A SOSTENERTI.  DIAMO FIDUCIA AI NOSTRI FIGLI! Li conosciamo tanto da sapere se sono ragazzi responsabili, sappiamo bene quale educazione e quali valori gli abbiamo trasmesso. Non avviliamoli, con castighi e privazioni o, peggio ancora, mostrando loro la nostra delusione, che è come dire la nostra disistima nei loro confronti. Facciamogli sentire che noi ci siamo per loro, che sappiamo comprendere le loro difficoltà, ma, soprattutto che crediamo in loro! Questo gli darà forza, aumenterà la loro autostima, li renderà coraggiosi e li aiuterà a crescere sereni con se stessi e aperti verso di noi, fiduciosi a loro volta, sapendoci dalla loro parte.
Al contrario, se abbiamo la certezza che hanno fallito il loro compito, perché non si sono impegnati e non hanno studiato, cerchiamo di spronarli a far meglio, parlando con loro, cercando un dialogo costruttivo che li invogli a studiare NON PER IL VOTO, MA PER SE STESSI, PER ARRICCHIRE IL LORO BAGAGLIO CULTURALE CHE SERVIRA’ NELLA VITA, CERTAMENTE SERVIRA’.
Ma non commettiamo MAI l’errore di farli sentire meno amati, per averci deluso.
Siamo grandi: diamo loro motivo di crederlo davvero.

Laura Veroni

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